La storia dello sport è piena di aneddoti che riguardano il riposo degli atleti, con coach e altri addetti ai lavori che controllano e inseguono atleti irrequieti che non vogliono saperne di andare a letto e spegnere la luce, come bambini un po’ irrequieti.
Questo atteggiamento tradizionale ed empirico riceve oggi supporto scientifico; infatti, sono disponibili da alcuni anni tecnologie, sia indossabili che posizionabili nel letto, che permettono di pesare e valutare quantità e qualità del sonno per migliorarlo agendo sia sul soggetto che sulle strutture (camere, microclima, letti, materassi e cuscini).
I dati di letteratura – e anche la nostra personale esperienza in proposito – sembrano dimostrare che il sonno degli atleti è quasi sempre sotto gli standard attesi sia in termini quantitativi (ore di sonno totali, tempo di addormentamento) che qualitativi (soprattutto movimenti del sonno, fasi di sonno profondo, risvegli). Il profilo è abbastanza costante durante la stagione agonistica: i monitoraggi effettuati durante due settimane di ritiro estivo precampionato non si discostano significativamente, nella nostra esperienza, da quanto rilevato durante la stagione agonistica lontano dalla gara. I parametri cambiano invece significativamente in senso negativo nella notte successiva al match, specie ovviamente se effettuato nelle ore serali, ma anche la gara pomeridiana induce alterazioni molto significative.
Molto ridotta risulta la durata del sonno, allungata la fase di addormentamento e soprattutto nettamente diminuite le fasi di sonno profondo. Le ripercussioni di questo sul recupero dell’atleta sono intuibili anche se ancora non ben definite e quantificate, aldilà di quello che riguarda il peggioramento del mood e della reattività, più facilmente misurabili.
Durante una competizione come i Mondiali di calcio è lecito attendersi un’ulteriore accentuazione di questo fenomeno, in relazione alla successione delle gare ed anche agli spostamenti del luogo del ritiro a quelli dei match; ed è verosimile che il problema sia assolutamente all’attenzione di tutti gli staff coinvolti.
Nella nostra esperienza, collimante con quanto si evince della letteratura al riguardo, non esiste un approccio univoco a questo problema che garantisca miglioramenti significativi per tutto il team, stante una spiccata variabilità interindividuale rispetto agli stimoli negativi e ai possibili fattori correttivi.
Hanno sicuramente importanza le strategie di sensibilizzazione e di istruzione sull’igiene del sonno e la gestione corretta delle difficoltà di addormentamento, come hanno un impatto ancora più significativo la cura appropriata dei fattori ambientali, sia microclimatici che dei device. Rispetto a questi ultimi, per quanto da noi osservato, dividendo in due gruppi i nostri atleti rispetto alla disponibilità degli stessi, sembra manifestarsi un miglioramento significativo su alcuni parametri di qualità del sonno con strumenti progettati appositamente per le esigenze dello sportivo; la qualità di sonno non risulta invece variata in modo apprezzabile.
In conclusione, l’acquisizione di ulteriori dati di monitoraggio del sonno degli atleti, ci permetterà in un futuro prossimo di avere un quadro ancora più definito delle dinamiche dello stesso; contestualmente andrà proseguito l’affinamento delle strategie correttive, sia in termini di intervento sul soggetto che di miglioramento ambientale e dei device.
SITOGRAFIA
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23412713
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26206724
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26255667
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26750446