Fabio Vedana ha visto nascere il triathlon italiano. Da più di 30 anni scandisce le sue giornate a suon di nuoto-ciclismo-corsa. Prima come atleta, poi come coach, allenando tra gli altri la nazionale azzurra Elite e quella svizzera. Dallo scorso anno, è responsabile, con Simone Diamantini, di 7MP Squad, il centro d’eccellenza per la formazione e l’alta prestazione di atleti Elite, riconosciuto dalla Federazione Italiana Triathlon. Per lui l’allenatore deve avere un’anima d’artista. In questa intervista parla di sogni, emozioni e… fondamenta su cui costruire un grattacielo…
Ciao Fabio, agli atleti spesso si chiede un bilancio sull’anno concluso e le aspettative per il nuovo. Da allenatore, invece, cosa si analizza dell’anno precedente e come si riparte nel nuovo?
Quando vado a esaminare l’anno precedente di tutti i miei atleti, seguendo un approccio razionale, osservo quello che ha funzionato e quello che avremmo potuto fare meglio. Sinceramente, però, il mio è sempre un bilancio di “pancia”; di una stagione mi rimangono le emozioni, che ho provato leggendo il messaggio di un atleta, vivendo la gara di persona e vedendo l’atleta che supera momenti di difficoltà, o che non li supera, o ancora che taglia il traguardo. Sono ricordi che custodisco in una parte piuttosto segreta del cuore più che della mente. Per il resto faccio abbastanza tabula rasa: cerco ogni volta di aprire un file nuovo, una pagina bianca o un nuovo ATP (Annual Training Plan) su Training Peaks per ripartire da zero. Perché, come dico sempre, il mio lavoro più che scientifico è artistico, e come ogni artista l’allenatore deve avere basi e competenze basate su pratica e scienza, ma soprattutto deve avere una visione… E quella l’hai soltanto davanti a un foglio bianco.
Quali sono le priorità di un allenatore nel pre-stagione e come si pianifica la preparazione con un atleta?
Con l’atleta bisogna parlare. Per me è fondamentale avere un colloquio con lui per capire come pianificare la preparazione. Lo voglio guardare negli occhi, ci deve essere uno scambio di emozioni tra allenatore e atleta, quindi niente chiamate o videochiamate e neppure email; e non faccio differenze tra campioni e Age Group.
Voglio capire quali sono i loro sogni, devo intercettarli. Ogni atleta ha un sogno recondito che spesso ha paura di rivelare, quindi il compito del coach è incoraggiarlo a parlare, cercando di toglierlo dall’imbarazzo. Cosa succede se l’atleta non ha un sogno? Impossibile, perché se un uomo non sogna non può realizzare nessun percorso e non può realizzare nessun capolavoro.
A farlo diventare realtà, poi, ci si metterà uno, due, tre anni o una carriera intera, ma è solo una questione di tempo. Però, ribadisco, bisogna capire, guardandosi dentro, dove si vuole arrivare, che cosa è che ci rende completi e felici. È questo il percorso che fa la differenza tra una stagione normale e una straordinaria, tra una carriera normale e una superlativa.
Ogni anno è visto come l’anno zero. In realtà, quanto fatto precedentemente determina in parte la carriera di un atleta. Dunque, quanto è importante una pianificazione di lungo periodo nella carriera di un atleta soprattutto in un’attività come il triathlon che prevede diverse distanze su cui competere?
La pianificazione di lungo periodo è determinante ed è subordinata al sogno, all’obiettivo dell’atleta che ho davanti, come ho detto in precedenza. Naturalmente se è un sogno ambizioso, ci vogliono più stagioni e quindi diversi momenti di pianificazione e formazione. Bisogna considerare ogni stagione come la realizzazione di un piano di un grande grattacielo. Più il grattacielo sarà alto, più la prestazione sarà elevata. E se vuoi costruirne uno molto alto, è necessario gettare delle fondamenta molto profonde, dalle quali passano l’attività giovanile e l’attività di formazione di un atleta.
Una domanda personale. Come vivevi da atleta il momento della preparazione pre-stagionale e come lo vivi adesso da coach?
Prima di tutto, io ero il classico atleta che, mettiamola così, fa triathlon per divertimento. Ho sempre vissuto male il mio pre-stagione e il motivo è presto spiegato: mi sono sempre fatto male nei finali di stagione, e quindi per me la fase invernale, più che la preparazione alla fase successiva, era un recupero dall’infortunio precedente.
La cosa è cambiata diametralmente quando ho iniziato a fare il coach. Ora la fase invernale è il momento di riflessione. Come allenatore negli anni ho sempre più maturato la metafora del triatleta e del contadino. Come quest’ultimo, il triatleta, d’inverno, deve fare riposare il campo, che successivamente andrà arato e seminato. Soltanto così a tempo debito si potranno raccogliere frutti rigogliosi.
Prima di salutarci ti chiedo tre consigli per l’atleta amatore che legge questa intervista e si trova in preparazione.
Il primo consiglio è osare, cioè durante la fase di preparazione, di “scrittura del progetto” sognate in grande, non abbiate paura. Soltanto chi fa sogni grandi farà grandi risultati.
Il secondo è fare azioni semplici: è inutile pensare di trovare e provare strategie complesse, di usare strumenti complicati. Fate attenzione, non ho detto facili, ma semplici, ovvero che non hanno sovrastrutture.
Il terzo è impegnarsi. Ciò vuol dire ogni giorno alzarsi con il sorriso e intraprendere il percorso che si è scelto di fare. Quindi, mi posso impegnare se ho scelto di osare, di fare delle azioni semplici e se ho scelto di metterci, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana e mese dopo mese il massimo delle mie energie mentali e fisiche.
Fabio Vedana, founder di 7MP Squad, centro d’eccellenza per la formazione e l’alta prestazione di atleti Elite.