Michele Sarzilla torna indietro. A inizio marzo quando tutto si è fermato, (s)travolgendo le vite di tutti noi. Quando la sua Bergamo, più di tutte le altre città, si è trovata in ginocchio. Riflette accorgendosi che anche dal periodo più buio si può imparare tanto.
Una domanda scontata. Come sono stati questi mesi?
«Diciamo che ho cercato di concepire questo periodo della mia vita come un periodo di crescita, sia dal punto di vista umano sia da quello atletico, mi sono quindi dato da fare per uscirne più forte, più consapevole e soprattutto più umano.
Pur vivendo “nell’occhio del ciclone”, sono di Bergamo e ho vissuto lo stop tra Milano e Bergamo, posso ritenermi fortunato perché nessun membro della mia famiglia né persone a me vicino è stato male e anzi vi dirò che, vivendo fuori casa da più di 10 anni, ho apprezzato molto il fatto di poter condividere così tanto tempo in casa e con le persone a me care dopo così tanto tempo. Questo è senz’altro stato un aspetto positivo.
Nel giorno per giorno ho organizzato un’agenda ben precisa e di pormi tanti piccoli obiettivi proprio per tenermi occupato e per marcare un cammino da percorrere. Ho cercato di mantenere una routine di allenamenti regolare e simile a quella che svolgo normalmente, ma con molti accorgimenti: con il mio coach Fabio Vedana infatti abbiamo dovuto trovare delle soluzioni per sopperire alla chiusura degli impianti sportivi, piscine in primis. Nello specifico, mi sono procurato una piscina gonfiabile (di quelle da bambini per intenderci) e ho nuotato legato a una corda quasi tutti i giorni. Per quanto riguarda le altre due discipline, pedalavo sui rulli e correvo nel perimetro dei 200m da casa – ho scavato dei solchi intorno all’isolato – arrivando a correre anche 80km a settimana.
È stato proprio lo sport a mantenermi sereno e a regalarmi degli assaggi di libertà in questo periodo.»
Come affronta un atleta élite questo momento dal punto di vista strettamente atletico?
«Sinceramente non è un periodo facile perché il non avere un obiettivo chiaro e tangibile verso cui lavorare non aiuta a tenere alta la motivazione. I continui rinvii e annullamenti di gare non sono di buon auspicio verso la tanto attesa ripresa ma, come ho detto prima, la voglia di uscirne miglior atleta da questo periodo è tanta. Proprio per questo motivo ho deciso di partecipare al rituale Training Camp estivo con la mia squadra, la DDS, a Sestriere tra luglio e agosto. Il silenzio delle montagne mi ha aiutato a ritrovare la concentrazione giusta oltre alla forma ideale per affrontare la ripresa delle competizioni.»
Cosa ti ha lasciato personalmente e sportivamente questo periodo?
«Penso che da ogni esperienza, bella o brutta che sia, si possa apprendere qualcosa, dunque anche da questo brutto periodo. Dal punto di vista umano ho capito che lo sport è la mia vita e la mia felicità e che difficilmente potrei vivere senza. Ho imparato ad apprezzare le piccole cose, quelle che a volte si danno per scontate come il poter muoversi e lo stare in salute che non sono poi così scontate, e a farmi bastare ciò che avevo a disposizione in quel momento e in quel luogo.
Dal punto di vista atletico mi ha insegnato che i limiti esistono solo nella nostra mente perché ce li costruiamo noi e che questi limiti stanno in realtà molto “più in là” rispetto a quello che crediamo. Vi faccio un esempio pratico: prima pedalavo 2 ore a settimana sui rulli e mi pesava tantissimo, non avrei mai pensato di riuscire a pedalare anche più di 12 ore, invece ci sono riuscito… E pensare che quando pedalavo ero pure la persona più contenta del mondo!»
Adesso si riparte. Quali le sensazioni e come si affronta questo anno complicato da un punto di vista sportivo con un calendario completamente stravolto?
«”Adesso si riparte”… Speriamo! Io non vedo l’ora! Sai, il 2019 posso dire che è stato un grande anno per me, ho vinto diverse gare tra le quali 3 titoli italiani (duathlon classico, triathlon olimpico no draft e triathon olimpico, ndr), gli allenamenti invernali avevano dato ottimi segnali di crescita e quindi per questo 2020 avevo grandi aspettative. Inizialmente è stato un duro colpo fermarsi e non poter disputare le competizioni che avevo in programma, ma ora posso dire che questa lunga attesa non ha fatto altro che aumentare in me la voglia di gareggiare e di fare bene. Dopo un periodo così difficile la voglia di vincere e di regalare un sorriso alla mia gente sarà di grande aiuto e, chissà, cantare quell’Inno di Mameli che tanto abbiamo cantato in momenti tristi in cima a un podio internazionale sarebbe la realizzazione di un sogno.»
Alcuni di voi si sono tenuti agonisticamente allenati su piattaforme digitali. Com’è stata questa esperienza e quali sono le differenze rispetto a sgomitare dal vivo per il podio?
«Onestamente sono riuscito a non cadere troppo nella trappola delle virtual races. Ho preferito, salvo qualche eccezione, seguire la tabella di allenamenti del mio allenatore, anche se a volte ero tentato da questi “giochetti”. Ho partecipato a due o tre di queste gare, spinto da amici e conoscenti e devo dire che tutto sommato è stata un’esperienza divertente. L’idea di pedalare gomito a gomito con loro, anche se virtualmente, è straordinaria e se chiudi gli occhi per un attimo ti senti in una competizione vera.
Per quanto riguarda la performance però devo ammettere che non è la stessa cosa, io mi sento più “animale” da gara vera e riesco a dare il meglio di me stesso quando sono in quella situazione, non a casa di fronte allo schermo di un computer.»
Questo stop per forza di cose è stato anche un momento anche per recuperare…
«Senza dubbio. Solo il fatto di essere in famiglia mi è stato di grande aiuto per ricaricare le batterie. Il non dover rispettare degli orari di allenamento bensì di poter gestire a mio piacere la giornata mi ha permesso di dormire un po’ di più al mattino e quindi di poter godere del mio Dorelan ReActive più a lungo… Dopo tutto, come ben si sa, il riposo è parte dell’allenamento e non c’è una cosa senza l’altra.»