Professionista dal 2005 è uno dei sette ciclisti ad aver conquistato almeno un’edizione dei tre Grandi Giri, avendo vinto la Vuelta a España nel 2010, il Giro d’Italia nel 2013 e nel 2016 e il Tour de France nel 2014. È inoltre uno dei soli quattro corridori ad aver vinto i tre Grandi Giri e almeno due classiche monumento: il Giro di Lombardia, nel 2015 e nel 2017, e la Milano-Sanremo, nel 2018.
Considerando il calendario sempre più internazionale, con trasferte, fuso orario e climi diversi, come si comporta un atleta di vertice per minimizzare lo stress legato a questi aspetti?
Da quando ho deciso di correre, da ragazzo, le trasferte sono entrate nella mia quotidianità. Da quando sono passato professionista, poi, sono diventate trasferte globali. E’ chiaramente un fattore che può influire, e non poco, sulle performance del singolo atleta. Pertanto, quando hai un obiettivo chiaro in stagione, come è stato per me nel dicembre scorso, lo devi tenere in considerazione. Bisogna considerare che ci sono le corse, ma poi anche gli allenamenti, pertanto i problemi di fuso orario si spostano anche a casa nel lavoro preparatorio alle corse. Io, insieme a Paolo Slongo che mi segue da anni, abbiamo sempre scelto di misurare le trasferte lontane e di allungare i tempi per garantire un buon recupero.
Dunque, il segreto è la programmazione.
Proprio così. Per il 2020, prima dello stop alle corse, avevamo escluso trasferte intercontinentali, esclusa ovviamente quella per le Olimpiadi. La nostra scelta per minimizzare lo stress è programmare e calendarizzare. Il calendario internazionale è un dato di fatto, bisogna solo capire come affrontarlo.
Potremmo definire il ciclista come nomade..
Sì, è una definizione corretta. Il viaggio è parte integrante della nostra vita. Come sopra, il viaggio può influire tanto e molto dipende da come uno lo affronta e lo programma. Bisogna evitare di fare tour de force, viaggi troppo stressanti dal punto di vista fisico. Nei primi anni di professionismo, senti di poter spaccare il mondo e faresti di tutto e neanche ti rendi conto che a volte, se non rendi come vorresti, la colpa può essere del viaggio. E’ un’attitudine che si impara con il tempo e con l’esperienza. Impari a conoscerti e a capire come gestirti.
Oltre un’attenta programmazione, quali sono gli accorgimenti per ridurre al minimo o eliminare gli stress dovuti al viaggio?
Eliminarli è impossibile, bisogna sempre parlare di riduzione. Devi avere comfort nel viaggio e trovare il modo anche di rilassarti. Il viaggio non è stressante solo fisicamente, lo può essere anche mentalmente. In questo senso la squadra può giocare un ruolo importante per garantirti trasferte meno stressanti. Il riposo può essere un rischio, è vero, ma essere professionisti impone anche di tenere a mente questo aspetto e far fronte.
In tutto questo quanto incide la qualità del sonno sulle performance atletiche?
Tantissimo. Infatti, quando sono in ritiro, limito al minimo le attività extra bici. Le distrazioni devono essere poche. Anche se può apparire noioso, è sufficiente rimanere sul letto e rilassarsi, magari guardando un film o ascoltando musiche. Le giornate sono divise tra allenamento e riposo, che può essere anche sonno. In un grande Giro questa attenzione ha ancor più valore. Io, ad esempio, cerco di sfruttare ogni momento per chiudere gli occhi e riposare, oppure dormire. Quando rientriamo in hotel prediligo il bus alla macchina perché, anche se più lento, mi permette maggiore comfort e anche di dormire.
Qual è il segreto per arrivare pronto ai momenti più importanti della stagione?
Non ho accorgimenti speciali, onestamente. In tanti anni il fisico si è abituato allo sforzo e io ho cercato di darmi delle abitudini fisse, soprattutto in termini di orari. Se proprio devo indicare un “segreto”, è quello di concentrarsi sul riposo, riuscire a staccare la mente dalla prestazione, dal risultato, da tutto ciò che ti circonda, e sforzarsi di dormire e risposare. Quando capisci quanto può essere utile, diventa un meccanismo quasi automatico.
Grazie Vincenzo per questa intervista. Prima di salutarci però ho un’ultima domanda. Qual è il tuo rapporto con il sonno?
Direi che ho un ottimo rapporto. Come persona, ancor prima che come professionista, non ho mai sofferto troppo per il sonno. In tanti anni in giro per il mondo, ho dormito quasi su qualsiasi superficie. Chiaro, non tutte sono uguali, ma non ho mai avuto difficoltà ad addormentarmi. Il mio ideale sono le classiche otto ore. Quello, per me, è il riposo ottimale. Se è vero che non ho difficoltà a dormire ovunque, è altrettanto vero che sono bene come riconoscere ciò che è meglio. Il materasso è qualcosa che va scelto con attenzione e sì, è giusto considerarlo uno strumento tecnico, specialmente per uno sportivo che deve per forza di cosa includere il riposo come parte del proprio lavoro. Se fai i conti di quanto può valere un’oretta in più al giorno di sonno in un Grande Giro, questo rende al massimo l’idea.