Ciao Andrea, cosa ti ricorda il Giro d’Italia e cosa rappresenta per un ciclista professionista italiano?
Mi ricorda la tanta fatica fatta e il tanto mal di gambe generato dal tirare per centinaia di chilometri per i miei Capitani Gilberto Simoni e Damiano Cunego e la gioia immensa che quei due Giri, poi vinti, mi hanno regalato assieme ad emozioni indimenticabili. Per un ciclista italiano penso rappresenti la massima espressione sportiva della realizzazione di un sogna portato avanti fin da bambino
Cosa ti manca di più della tua carriera da professionista soprattutto quando iniziano i Grandi Giri?
Inizio con ciò che non mi manca, i mesi di preparazione e avvicinamento, massacranti. Quello che invece mi manca sono i 21 giorni del Giro, dal primo all’ultimo!!
A quale edizione del Giro d’Italia sei più legato?
Senza dubbio quelle del 2003 e 2004 con le vittorie consecutive del Giro con Simoni e con Cunego in Saeco. Ero loro gregario di fiducia e nel 2004 fui fondamentale nella tappa di Falzes per riportare Cunego in maglia Rosa.
Veniamo all’edizione 2019. Ci puoi illustrare com’è il percorso? Quali sono le difficoltà e quali saranno le tappe da non sbagliare?
Da non sbagliare, nessuna! Il Giro lo vince sempre chi sbaglia meno degli avversari; basta un dettaglio per fare la differenza dopo 21 giorni. È un Giro difficile con 64,5 km di dislivello totali, uno dei percorsi più complicati degli ultimi anni, che vede dal 22 al 29 maggio le giornate più impegnative. Presenti anche tre crono e sei tappe per velocisti per dar spazio anche a chi non ama la strada che sale e per rendere più equilibrato il Giro e non renderlo adatto esclusivamente agli scalatori, ma anche per dare una chance a chi ha nella cronometro delle carte importanti da giocarsi.
Un confronto con l’edizione 2018. Cosa cambia e quali sono le difficoltà nel dover approcciare ogni anno un percorso diverso?
Questo per un ciclista professionista è normale, è questione di abitudine. Ogni anno i Grandi Giri cambiano percorso e la bravura sta anche nello studiare e provare prima dell’inizio del Giro le tappe più importanti e significative, che saranno poi decisive per chi vuole arrivare a Verona in Rosa.
Come è cambiato nel corso degli anni il Giro? E soprattutto, cos’è cambiato nell’approccio dei Team al Giro d’Italia?
Il Giro era, è, e rimarrà una delle più belle gare al Mondo, grazie alla bravura degli organizzatori e alla bellezza dell’Italia. Grazie alla particolarità del nostro “Stivale” ogni tappa è interessante, tecnica, avvincente e crea sempre un certo appeal negli appassionati che lo seguono lungo le strade o da casa.
Per i team le cose sono cambiate dall’avvento del Pro Tour: oggi ci troviamo ad avere le 18 squadre Pro Tour che vanno di diritto e le squadre professional italiane che ogni anno devono lottare per essere invitate. Per chi rimane fuori è una bella “botta”!
Parlando col team Trek-Segafredo è emerso come i team stanno sempre più cercando di “controllare” il recupero degli atleti. Quali sono le difficoltà, in termini di recupero e riposo, in una gara come il Giro d’Italia?
Le difficoltà emersa con il team Trek-Segafredo penso siano le stesse per tutti i Team partecipanti, ovvero far recuperare prima e, il meglio possibile, i loro atleti.
Le tappe sappiamo quanto siano stancanti e logoranti e quanto portino gli atleti al loro massimo dispendio di energie. È fondamentale infatti che siano ristabilite e di nuovo pronte nelle gambe degli atleti dopo circa 12-15 ore. Detto questo si capisce che fra i tempi della gara e quelli di spostamento in Bus (hotel-partenza e arrivo tappa-hotel), recuperare energie per un atleta è fondamentale. Da qui nasce l’esigenza per ogni atleta e Team di investire in materiali e in ricerca che possano fornire il massimo del comfort e agevolare il più possibile il loro recupero.
Più recupero significa migliore prestazione quindi miglior risultato, e questo è l’obiettivo delle 22 squadre partecipanti al giro e dei 176 ciclisti!