Maurizia Cacciatori è la regina del volley italiano: classe ’73, ha esordito in A1 a 16 anni, poi 228 convocazioni in nazionale, un bronzo e un argento agli Europei nel 1999 e nel 2001, un oro ai giochi del Mediterraneo nel 2001, 5 scudetti, 3 Coppe Campioni e una Coppa Cev. Nel 2007 si ritira per fare la mamma. Oggi è una commentatrice televisiva e una consulente aziendale nel campo del team building.
Ma per diventare una campionessa non occorrono solo grandi capacità e ambizione, ma anche duro allenamento e sacrifici. E allenarsi bene vuol dire anche dormire bene, come spiega Maurizia nell’intervista rilasciata a Luca Castaldini in occasione del Primo Convegno Sleep & Performance organizzato da Dorelan ReActive.
È vero che la soprannominavano Pisolo?
Sì, decisero di chiamarmi così le compagne della Nazionale perché sono sempre stata una persona capace di addormentarsi ovunque e comunque. Credo sia un dono non da poco, soprattutto pensando ai tempi di maggior stress, ieri da atleta e oggi da mamma (senza baby sitter) di due bambini di 6 e 7 anni.
Da atleta, dunque, era più forte di fusi orari e lunghi viaggi?
Sì, ed è una gran fortuna, se riesci a riposare hai una qualità di vita differente. Conosco almeno un paio di giornaliste che potrebbero confermare, con foto a testimonianza, di avermi visto dormire ovunque, dal pullman all’aereo. Incrociavo le gambe, mettevo la testa in giù e mi piegavo come fossi una contorsionista che deve entrare in una valigia.
Da non credere.
Sì, essendo molto snodata potevano davvero infilarmi in una valigia e io mi sarei addormentata comunque. Erano tutti scioccati nell’assistere a scene come queste. Il bello era che, ogni volta, ero in grado di dormire perfettamente, riposavo davvero. Anzi direi che ero sempre la più riposata di tutti, anche in viaggio. E le altre… sai che rabbia! Una volta arrivate a destinazione, se al pomeriggio, tra i due allenamenti, avevamo un’oretta di tempo libero, schiacciavo pure un pisolino!”.
Possiamo comprendere gli sguardi di invidia delle sue compagne.
Non solo: io mi rendo conto che il mio sonno è generalmente di qualità, eppure se notavo che il materasso o il cuscino dell’albergo non erano quelli giusti, il risveglio era diverso, con qualche acciacco. E io di alberghi me ne intendo, finché ho giocato la mia vita l’ho passata tra hotel, viaggi, aeroporti e palestre”.
Le è mai capitato, invece, di passare una notte in bianco quando giocava?
“Mi capitò prima della Final Four che con la Foppapedretti Bergamo andammo a giocare in Turchia nel 2002. L’ansia e la pressione in quel caso mi giocarono un brutto scherzo. Non è stata l’unica volta, ma sicuramente fu la più significativa. Quando mi capitava lo vivevo come il segnale che non ero serena e a posto. E, mentalmente, questo stato negativo lo portavo in campo. Tra l’altro non era neanche la mia prima finale di Champions, non potevo neanche addebitarlo all’inesperienza. Finì con una debacle allucinante.
Per prevenire situazioni come queste, si è mai portata in trasferta il suo cuscino?
“Sì, è capitato, ovviamente durante le trasferte prolungate, ma anche per i viaggi più lunghi in pullman. Tanto dormivo anche lì… Peccato solo non potersi portare il materasso”.
A causa delle sue dormite, ha mai tardato a un allenamento o a un ritiro?
“Credo sia capitato, ma di solito sono sempre stata una molto puntuale. Il rispetto degli orari, quando si fa parte di un team, trovo che sia educato oltre che corretto nei confronti degli altri.”
A proposito di team: abbandonato il volley adesso, oltre al difficilissimo mestiere di mamma, per lei c’è quello nell’ambito della comunicazione e dei team building.
“Sì, e sono favorita dal fatto che un team aziendale e una squadra – nel mio caso – di pallavolo si muovono spesso secondo logiche molto simili, se non identiche, dal concetto di gruppo alla gestione dei momenti di stress. Io cerco di trasmettere i valori che lo sport mi ha insegnato. In più, sempre più spesso, le aziende puntano a dare una migliore qualità della vita ai loro dipendenti, quindi ho tenuto lezioni in cui si parlava dello stile di vita, dalla gestione del sonno all’alimentazione e allo spazio che mi ritaglio per le mie esigenze personali. Cose che, concatenate, ti portano a dare performance differenti.”
Sommando la sua esperienza di pallavolista-giramondo a quella di mamma e, soprattutto, di coach di team building, che consigli darebbe a chi dorme meno (e peggio) di lei?
“Di rispettare quello che siamo. Noi siamo al top quando stiamo bene fisicamente, se il corpo e la mente hanno riposato. La qualità dipende dalle regole che ci diamo noi, da quanto ci vogliamo bene, dal sonno e dall’alimentazione. E se ci vogliamo bene, dobbiamo dormire bene. Se no, alla lunga, ne risenti per forza”.
Scusi Maurizia, ma lei la pallavolo se la sognava anche di notte?
Eccome. Me la sogno ancora adesso! Certe volte al risveglio mio marito mi chiede: “Ti sei mossa tutta la notte, hai giocato a pallavolo?”.